Letteratura Arbëresh

La prima testimonianza di letteratura arbëreshe risale al 1592, quando, ad opera del papas Luca Matranga, viene pubblicata la traduzione della Dottrina Cristiana del gesuita Ledesma, E mbsuame e krështerë.
Ma è solo a partire dal XVII secolo che si sviluppa, in Sicilia in particolare, una attività culturale vera e propria. A portarla avanti sono soprattutto intellettuali ecclesiastici, che si preoccupano di raccogliere tutto quanto rientri nelle loro tradizioni. Tra i principali esponenti di questo periodo letterario si ricordano Nilo Catalano, Niccolò Brancato, Nicola Figlia e Nicola Chetta. In Calabria la cultura letteraria si sviluppa molto più tardi: solo nel 1762, abbiamo la pubblicazione di un’opera, Gjella e Shën Mërisë Virgjër (La vita della vergine Maria), scritta da Giulio Variboba (1724-1788), di San Giorgio Albanese. 

Il periodo più vitale della letteratura albanese ha inizio alla fine del XVIII secolo e dura per tutto il XIX. Esso coincide con un momento di grande vitalità, politica e culturale, che coinvolge l’intera Calabria. Gli intellettuali arbëreshë sviluppano un profondo desiderio di integrazione nazionale verso l’Italia e allo stesso tempo la volontà di recuperare la propria identità: questi i sentimenti alla base del movimento culturale noto come Rilindja, la Rinascita.

L’impegno degli intellettuali di questo periodo si rivolge al riconoscimento dei diritti politici e culturali dell’Albania, da secoli sottomessa all’impero ottomano. La letteratura arbëreshe da letteratura folcloristica, religiosa e popolare, quale era nei secoli precedenti, si eleva a letteratura impegnata, attraverso la quale la “questione albanese” viene portata nei centri politici e culturali di tutta Europa.

Alla guida di questo svolta culturale troviamo Girolamo De Rada (1814-1903) di Macchia Albanese, autore del Milosao (1836) e fondatore della rivista Fjamuri Arbërit (1883-1887); con lui la letteratura albanese viene innalzata a letteratura europea.
De Rada è affiancato da un nutrito gruppo di intellettuali, tra i quali emerge Francesco Antonio Santori (1819-1894) di Santa Caterina Albanese, ricordato per Il Canzoniere Albanese (1846) e il dramma Emira.

Figura di spicco della poesia romantica albanese, il sancosmitano Giuseppe Serembe (1844-1901) dà un’impronta lirica e patriottica alle sue poesie, pubblicate postume dal nipote Cosmo (1926), sotto il titolo Vjershe.
Con la liberazione dell’Albania dal giogo turco nel 1912, si risolve il motivo patriottico che aveva tanto animato gli Arbëreshë così esaurendosi un importante capitolo della storia culturale della minoranza arbëreshe. Si accentua quello spirito nazionalistico che porterà al fascismo e alla rapida italianizzazione dei costumi e della lingua, facendo perdere l’originalità e la vivacità intellettuale che avevano da sempre contraddistinto queste comunità.

Dopo la seconda guerra mondiale si sviluppano una serie di iniziative intellettuali ed editoriali, quali la costituzione di associazioni di tipo politico-culturale e la diffusione di periodici arbëreshë .

 

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